Il cervello dell’uomo si sta riducendo le dimensioni. Deficienza od ottimizzazione dei processi? La domanda appare lecita e interrogarsi sulle cause appare altrettanto spontaneo. Ma vediamo innanzitutto i dati.
Secondo gli studi scientifici il cervello si è ridotto del 13% a confronto con l’Homo sapiens di 100mila anni addietro. Il cervello umano infatti era cresciuto di dimensioni, quasi quadruplicando, fino all’evoluzione dell’Homo sapiens. Poi la tendenza si è bruscamente invertita. Una notizia che, in apparenza, lascia sgomenti: come è possibile, si argomenta, un calo di questo genere, specie in quell’animale – l’Homo sapiens sapiens – che dovrebbe essere il pinnacolo dell’evoluzione.
Guardando agli studi più aggiornati nel campo il paleo antropologo Ian Tattersal ha analizzato la crescita e la diminuzione dei crani degli ominidi, scoprendo come il cervello fosse aumentato trasversalmente ai diversi continenti nei quali si operava. Si è passati dall’australopiteco, all’Homo erectus, al neanderthal attraverso una costante crescita.
Una tendenza bruscamente cessata con l’Homo sapiens sapiens; i crani infatti risultano decisamente più piccoli e dalla forma leggermente diversa; in generale 12,7% in meno a confronto con l’ultima era glaciale.
Una tendenza che non è certo nuova; nel 1934 era già stato osservato come il cervello umano si fosse ridotto di dimensioni negli ultimi 10mila o 20mila anni. Un’osservazione condivisa all’epoca tanto negli Stati Uniti quanto in Germania.
In realtà secondo Tattersall la notizia non è affatto preoccupante, ma riflette un diverso utilizzo del cervello. Prima dell’avvento dell’homo sapiens si utilizzava una tipologia di pensiero intuitiva; l’ultima specie invece aveva iniziato ad utilizzare una ‘elaborazione simbolica delle informazioni‘. Insomma, chi pensa in astratto ha un cervello più piccolo. E pensare in astratto porta a innumerevoli vantaggi, specie nella gestione delle risorse.
E qual è la grande innovazione connessa a questa nuova forma di pensiero? Ci riferiamo all’invenzione del linguaggio che ha comportato una importante ristrutturazione del cervello, con la formazione di percorsi neurali completamente diversi. Un game changer fondamentale.
I cervelli piccoli pertanto ottimizzano le risorse, sono in grado di ‘pensare’ operazioni complesse; i cervelli invece delle precedenti evoluzioni erano ingombranti e molto energivori, senza però essere flessibili. Naturalmente queste rimangono, allo stadio attuale, solo ipotesi: l’invenzione del linguaggio non necessariamente ha alterato la forma mentis portando all’invenzione del pensiero astratto; e il cervello è un organo eccezionalmente complesso, difficile da decifrare con accuratezza.
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