Uno sguardo alla storia di Dungeons & Dragons, mezzo secolo di successi. Scopriamo insieme l’incanto del dado a venti facce.
Chi non conosce Dungeons & Dragons? Dall’essere misterioso hobby ritenuto (ingiustamente) giocato da nerd senza vita sociale, D&D è diventato un gioco popolare, conosciuto un po’ da tutti. Nell’epoca dei Social e dei videogiochi, ritrovarsi tutti attorno ad un tavolo è un’idea accolta con grande positività dai genitori e dalla scuola.
Quello che, negli anni Ottanta, veniva accusato essere un gioco satanico, capace di portare alla perdizione e allo smarrimento dell’identità, viene oggigiorno invece ritenuto un importante valore aggiunto, un gioco ‘tradizionale’.
Come cambiano i tempi! E in effetti di anni sono passati e non pochi; sono ormai cinquant’anni esatti da quando Dungeons & Dragons approdò sugli scaffali americani, rivoluzionando il mondo nascente dei giochi di ruolo. Non fu il primo, ma certo il più famoso; capace di lasciare una profondissima traccia nella coscienza collettiva di generazioni e generazioni di giocatori.
Oggigiorno, nonostante i tentativi di aggiungervi elementi digitali e videoludici, Dungeons & Dragons rimane un gioco rigidamente ‘fisico’: tre o quattro giocatori, un tavolo, qualche pedina e una mappa e naturalmente il Master che, nascosto dietro cataste di manuali di giochi di ruolo e l’iconico ‘schermo del Master’, racconta un’avvincente storia. Nessun – costoso – oggetto, nessun elaborato sistema, solo un manuale con alcune regole, dei dadi (rigorosamente a venti facce) e tanta fantasia.
Dungeons & Dragons, un classico immortale. Il revival degli ultimi anni
Dungeons & Dragons originariamente nacque nel 1974, attraverso la pubblicazione di una scatola ‘gialla’ con la copertina raffigurante un irsuto cavaliere vichingo. Conobbe fin da subito una grande diffusione negli ambienti universitari americani; specie negli ambiti tecnologici, di coloro che avrebbero poi popolato la Silicon Valley. E non a caso D&D fu tra i primi ad essere adattati ai videogiochi; i primi, storici, videogiochi già presentavano un personaggio corredato di statistiche che si aggirava dentro ambienti sotterranei (tunnel, dungeon per l’appunto) uccidendo mostri per punti esperienze. Un esempio storico: Zork.
I videogiochi però comportarono, fin dalle prime edizioni, uno snaturamento del gioco originale. Se ne perdeva, ad esempio, la natura sociale, il ‘stare tutti assieme’. E quasi inevitabile conseguenza di ciò, il gioco assumeva contorni molto più guerreschi, incentrati sullo sfondare la porta del tunnel, ucciderei mostri ed arraffare il bottino. Una crescita di equipaggiamenti e livello non altrettanto presente nel D&D cartaceo.
In questo contesto Dungeons & Dragons dopo un periodo di relativa calma, specie tra gli anni Novanta e il duemila, è tornato alle luci della ribalta grazie a un forte interessamento di influencer e personalità hollywoodiane. Vin Diesel ha ammesso come sia uno dei suoi giochi preferiti, Stranger Things, della serie Netflix, lo ha reso popolarissimo; e infine non si contano i revival continui da parte di Youtuber e Streamers. I Social hanno avvantaggiato Dungeons & Dragons, l’hanno reso ancor più virale e diffuso.