Quale futuro per i droni? Potrebbe sembrare strano o mai considerato, ma un ambito molto ambito è quello dell’agricoltura. Droni ‘trattori’? Scopriamo insieme cosa c’è di vero.
Il drone nasce essenzialmente come tecnologia militare. I primi droni erano al nocciolo aerei senza pilota che garantivano un’elevata protezione per il pilota non essendovi umani a bordo e che consentivano di risparmiare sull’equipaggiamento. Agivano inoltre su aree estremamente estese e, dettaglio fondamentale, potevano restare in volo per lunghi periodi, stazionando sui bersagli. La guerra al terrore si è caratterizzata per la nascita del drone, il cui uso è stato particolarmente intenso specie nella presidenza Obama. In questo contesto il drone è passato poi all’uso civile, diminuendo progressivamente di dimensioni. Oggigiorno disponiamo di droni quasi tascabili, trasportabili anche con un semplice zaino.
Nel quadro dell’utilizzo civile il colosso tecnologico Shenzen ha appena lanciato sul mercato due modelli di drone all’avanguardia, pensati per un settore assai particolare: l’agricoltura di precisione. Si tratta rispettivamente dei modelli Agras T50 e Agras T25.
Agras T50 è un drone di grandi dimensioni: 54 pollici di elica con la possibilità di irrigare i campi con 30 kg di fluido. Acqua, fertilizzante, pesticida: ciascun agricoltore scelga il suo. Può inoltre trasportare fino a 50 kg di materiale, nel caso serva usarlo in un’ accezione trasportistica.
Agras T25 è invece un modello molto più maneggevole, adatto ad aziende medio- piccole. Il pensiero corre alla classica piccola fattoria biologica che propone prodotti di qualità, a chilometro zero. Può irrogare i campi con 20 kg di liquido e trasportarne 25. Entrambi i droni dispongono di alcune funzioni speciali, fondamentali nell’agricoltura: terrain follow, percezione degli ostacoli fisici e ricarica rapida per la batteria.
Perché prendere un drone agricolo, l’asso nella manica per i coltivatori europei
Il principale vantaggio, in questo contesto, deriva dalla possibilità di utilizzare i fondi europei per finanziare l’acquisto dei droni. Le Regioni italiane hanno infatti messo a disposizione 400 milioni di euro di fondo PNRR onde rendere l’agricoltura meno inquinante. E sono, per l’80 per cento, a fondo perduto.
Un’ occasione che, in altri paesi, verrebbe sfruttata per modernizzare i propri impianti. Nel caso di un settore profondamente reazionario quale quello agricolo è lecito essere pessimisti.
Tra le tante chicche dei droni in questione merita menzionare anche l’app, DJI Smart Farm. L’ applicazione, flessibile e adatta all’uso anche dai meno avvezzi alla tecnologia, consente di avere immediatamente sotto mano tutti i dati utili per automatizzare i processi in corso.