Quale futuro per l’intelligenza artificiale? Sam Altman dipinge uno scenario poco rassicurante, anzi decisamente pessimista.
Sam Altman, considerato uno dei ‘padri’ dell’odierna intelligenza artificiale, non sembra voler rassicurare sul futuro creato dalla sua stessa invenzione, sui possibili sviluppi della IA. Può forse essere accusato di molte cose, ma certo non di ottimismo; ogni dichiarazione alla stampa infatti sembra voler restituire un quadro se non catastrofico, intrinsecamente pessimista. E’ successo di nuovo a Davos, il forum dei ‘paperoni’ d’ogni parte del globo, dove Altman ha presentato il suo volto di leader responsabile e preoccupato delle sorti dell’umanità.
Un’intervista, rilasciata per La Repubblica, dipinge un’immagine di Altman quale uomo responsabile, che pensa prima di parlare, attento alle proprie dichiarazioni. Sebbene sul futuro della IA non sembra avere dubbi: l’intelligenza artificiale diventerà più intelligente di noi, per Altman è un dato di fatto.
Però, da figlio della Silicon Valley, mai porre paletti o proporre scenari conservatori o neo luddisti: la tecnologia infatti per Altman è sempre positiva, la sua crescita un mantra che non deve essere contrastato. E l’intelligenza artificiale rientra in questo trend, per Altman non potrà che portare prosperità. Una bizzarra consolazione per i primi lavoratori che, soppiantati dal mediocre lavoro di una IA, stanno perdendo il lavoro; comprensibile però considerando quale nababbo sia diventato Altman grazie all’IA.
D’altronde proprio ChatGPT è il grande elemento di discussione a Davos; secondo solo al tema della guerra che infuria tanto in Ucraina, quanto in Israele. Viene considerato il ‘grande tema’ del 2024, su cui si scommettono gli equilibri mondiali. geopolitica e tecnologia: una perfetta sintesi del ventunesimo secolo.
A Davos Altman, a sua volta, si presenta con un tono dimesso; niente cravatta, completo grigio, tono di voce tranquillo. La direzione giusta, afferma Altman, è di regolare l’IA prima che diventi troppo forte e incontrollata, attraverso un’apposita azione istituzionale. C’è ancora un po’ di tempo, ma non molto. Qualche anno, forse. Certo non decenni, come avveniva con altre tecnologie negli anni Ottanta o Novanta.
L’Unione Europea, in questo contesto, ha aperto la strada, ha indicato secondo Altman quale indirizzo perseguire con la normativa AI Act. Sebbene proprio le difficoltà connesse a una tecnologia che si evolve così rapidamente implicano sfide enormi, difficili da affrontare.
Secondo Altman sarebbe necessario un ente internazionale, volto a incoraggiare la cooperazione tra le nazioni. La visione di Altman ricorda molto l’odierna Agenzia per l’Energia atomica; solo invece di avere ispettori che vigilino sulle centrali nucleari, vi sono controlli sule aziende e sui supercomputer. Una visione, allo stato odierno, davvero difficile da realizzare.
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