La minaccia principale per la Terra potrebbe venire direttamente dallo spazio a dimostrarlo questo esperimento da brividi
Giustamente spesso si parla dell’azione antropica sull’ecosistema e sugli effetti che questo produce. L’attenzione ai cambiamenti climatici mette d’accordo sulla necessità di ridurre l’impatto dell’uomo sul pianeta che lo ospita, facendo molta attenzione a preservare la biodiversità che caratterizza la Terra.
Anche altri scienziati si occupano di proteggere il nostro pianeta ma lo fanno scrutando il cielo, cercando di prevenire ogni minaccia che potrebbe arrivare dallo spazio. La Nasa ha una sua lista di oggetti potenzialmente pericolosi, come un’asteroide o una cometa con un orbita che potrebbe incrociare la Terra e una grandezza tale da provocare danni in caso di impatto.
Questi oggetti sono chiamati Pho, dall’inglese Potentially Hazardous Objects, e sono asteroidi con diametro fino a 140 metri e orbite che arrivano a 7,5 milioni di km dalla Terra. Le minacce potenziali maggiori per il nostro pianeta sono costituite dagli asteroidi delle famiglie Aten e Apollo, mentre quelli della famiglia Amor non intersecano l’orbita terrestre anche se alcuni possono avvicinarsi molto.
Il cinema, spesso, si è ispirato a possibili disastri causati dal potenziale impatto di corpi celesti. Come dimenticare l’impresa di Bruce Willis che riesce a salvare il pianeta sulle note degli Aerosmith nel film Armageddon del regista Michael Bay. O Morgan Freeman nei panni del presidente degli Stati Uniti che annuncia il possibile impatto di un asteroide sulla Terra nel film Deep Impact.
In tutti questi esempi la potenziale minaccia arriva da un oggetto vagante liberamente nello spazio e se il pericolo, invece, arrivasse direttamente dal nostro sistema solare? Se lo sono chiesti anche gli scienziati del team guidato dall’astrofisico Stephen Kane, dell’UCR di Riverside, in California.
Gli studiosi si sono chiesti il perché non esistono pianeti di grandezze intermedie tra quelli come la Terra e i giganti gassosi come Nettuno, le cui dimensioni sono oltre quattro volte quelle del nostro pianeta e la massa è superiore di ben 17 volte. Inoltre gli studi hanno rilevato una distanza tra Giove e Marte tale da poter ospitare un altro pianeta.
Proprio simulando, con un apposito software, l’esistenza di un ulteriore pianeta, gli scienziati hanno scoperto che l’esistenza di qualunque altro corpo celeste nel sistema solare potrebbe disturbarne l’equilibrio. “Il nostro sistema solare è più finemente sintonizzato di quanto pensassi – racconta Kane -. Tutto funziona come gli intricati ingranaggi di un orologio. Mettendo più ingranaggi, tutto si rompe”.
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