Passare ore davanti alla console fa male! Interviene la scienza a smentire. I risultati della correlazioni tra videogiochi e abilità cognitive sconvolge tutti.
I videogiochi hanno sempre subito una demonizzazione da parte dei genitori, preoccupati a vedere i loro figli passare tante ore davanti alla console. Spesso le madri e papà attribuiscono o scaricano le colpe dei cattivi comportamenti dei propri figli ai videogames, invece di fermarsi di riflettere sui propri metodi genitoriali.
C’è chi persino arriva a incolpare i videogiochi di causare problemi di salute ai più piccoli. Quando si parla di salute dobbiamo prima rivolgerci all’occhio oggettivo della scienza, prima di cadere in luoghi comuni, ed essere ragionevoli.
Infatti, un team di ricercatori dell’Università del Vermont hanno pubblicato uno studio, sulla rivista Jama Network Open, secondo cui i videogiochi potrebbero essere associati a migliori prestazioni cognitive dei bambini. Anche se, va sottolineato che serviranno ulteriori ricerche per analizzare nel dettaglio i potenziali benefici e danni sul cervello in via di sviluppo.
Videogiochi e abilità cognitive
Fin ad ora gli studi hanno provato a far luce sulla relazione tra videogiochi e comportamento cognitivo, suggerendo potenziali associazioni tra questi e un amento di depressione, violenza e comportamenti aggressivi. Ma i meccanismi neurobiologici alla base non sono ancora stati compresi.
Gli scienziati hanno passato in rassegna i dati relativi a sondaggi, test cognitivi e di imaging cerebrale. Tutti dati provenienti dall’Adolescent Brain Cognitive Development Study (Abcd), uno studio attualmente in corso supportato dal National Institute on Drug Abuse (Nida) e da altri enti del National Institutes of Health.
Per un totale di 2mila bambini, i ricercatori hanno osservato che chi giocava ai videogiochi per tre o più ore al giorno presentava risultati migliori nei test relativi alle abilità cognitive. Come il controllo del comportamento impulsivo, la memorizzazione di informazioni e l’esecuzione dei compiti, rispetto a chi non ci avevano mai giocato.
La soglia delle tre ore è stata selezionata in quanto supera la quantità di tempo indicata dalle linee guida dell’American Academy of Pediatrics, che raccomandano appunto di limitare il tempo di gioco a una o due ore al giorno per i bambini più grandi. In particolare, è stato osservato che i bambini che giocavano per più di tre ore al giorno erano più veloci e accurati nello svolgere compiti cognitivi.
Le analisi di imaging cerebrale hanno rilevato che gli stessi bambini mostravano un’attività cerebrale più elevata nelle regioni del cervello associate all’attenzione e alla memoria. Tuttavia, hanno mostrato anche una minore attività cerebrale nelle regioni cerebrali legate alla vista.
“Numerose ricerche hanno collegato i videogiochi ai problemi di salute mentale, ma quest’ultima suggerisce che potrebbero esserci anche benefici cognitivi associati a questo passatempo, che meritano ulteriori indagini” dichiara Nora Volkow, direttrice del Nida.
Correlazione problemi comportamentali
Sebbene, alcuni bambini che giocavano ai videogiochi per tre o più ore al giorno tendessero a mostrare problemi comportamentali, i ricercatori hanno scoperto che questa associazione non era statisticamente significativa.
Tuttavia, lo studio presenta diverse limitazioni, come il fatto che non è stato possibile determinare un rapporto di causa-effetto, ma solamente un’associazione tra videogiochi e abilità cognitive. Per questo, gli scienziati tengono a sottolineare che questi risultati non devono spingere i bambini a trascorrere ore e ore davanti al computer, cellulari o tv.
“Anche se non possiamo dire che giocare regolarmente ai videogiochi possa portare a prestazioni neurocognitive superiori, è una scoperta incoraggiante e dobbiamo continuare a indagare su questi bambini fino all’adolescenza e all’età adulta. Molti genitori oggi sono preoccupati per gli effetti dei videogiochi sulla salute e sullo sviluppo dei propri figli e, poiché questi giochi continuano ad aumentare tra i giovani, è fondamentale comprendere meglio l’impatto sia positivo che negativo che possono avere”, conclude l’autore Bader Chaarani.