Secondo il sito Wikipedia il motto è “Una frase, o una collezione di parole, intesa a descrivere le motivazioni o le intenzioni di un gruppo sociale o di un’organizzazione“. Si dice che abbia avuto origine negli anni della Rivoluzione francese come grido di protesta contro il monarca ingiusto. In realtà bisogna andare ancora più indietro nel tempo per risalire ai suoi albori.
Ma chi ha inventato realmente questo motto “Eja Eja, Alalà”? Andiamo a scoprire tutti i dettagli.
L’espressione Eja Eja, Alalà, a metà tra il grido di battaglia e l’urlo di manifestazione d’incontenibile gioia, generalmente è attribuita al poeta esteta Gabriele d’Annunzio. Definito ‘il vate’, ovvero colui che cerca di interpretare e guidare i sentimenti delle masse di un’epoca. Quest’appellativo è stato attribuito per la prima volta ai poeti latini per poi essere stato ripreso nel periodo del Romanticismo con il sorgere del sentimentalismo poetico.
D’Annunzio è noto per essere un rappresentate dell’Estetismo, ovvero un movimento letterario che ha le sue radici nel Dandismo. Si configura come una ‘pseudo religione del bello’, in quanto lo scopo è rendere la propria vita come se fosse un opera d’arte.
Autore di opere celebri, come Il Piacere e Le Vergini delle rocce, andava alla ricerca di tutto ciò che si opponeva alla mediocrità della società. Allo stesso tempo decise di partecipare alla Prima Guerra Mondiale schierandosi con la fazione degli Interventisti. Era a favore dell’impresa della Libia, dell’ingresso dell’Italia nella guerra e della rivendicazione della ‘vittoria mutilata’.
Benito Mussolini appoggiava le sue idee, dunque ne fu influenzato per la formazione del Fascismo. Il disprezzo dell’umile, l’improvvisazione, la sottovalutazione e il disprezzo per gli avversari.
Quando l’Italia entrò in guerra, aveva compiuto molte imprese: dalla beffa di Buccari al volo di Vienna. Alla fine della guerra, non contento della cessione del Fiume allo Jugoslavia, occupò la città dalmata costituendovi un governo. Il motto in questione sarebbe stato inventato da lui durante il bombardamento di Pola, precisamente l’8 agosto 1917. Non sembrerebbe così.
La parola “eja” è stata già ripresa da Giovanni Boccaccio nel Decameron e poi Giovanni Pascoli nei Poemi conviviali, dove ha aggiunto anche “alalà”. Le esclamazioni furono fatte proprie dai fascisti, come il rifacimento di Giovinezza: “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell’asprezza il tuo canto squilla e va. E per Benito Mussolini: eja, eja, alalà!”. In realtà si trovano tracce nell’età della Caput mundi.
Andando ad approfondire le indagini, i termini “eja” e “alalà“ risalgono ai Romani e ai Greci, in quanto doveva sostituire il barbarico “hip, hip, urrah!” nelle composizioni poetiche. Era il grido di guerra di Achille che lo usava per aizzare i cavalli.
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